Processo di internazionalizzazione: scelte che un’impresa può adottare

La strategia di internazionalizzazione è una scelta molto complessa per un’impresa.

Per entrare nel mercato internazionale, infatti, è essenziale intraprendere un processo che comporta una serie di scelte tra loro collegate. Nel precedente articolo ne abbiamo esaminate alcune:

  • ragioni per le quali un’impresa dovrebbe o potrebbe intraprendere un processo di internazionalizzazione;
  • paese in cui internazionalizzare;
  • modalità di ingresso nel paese di destinazione.

Oltre a queste, è essenziale prenderne in considerazione altre, per adottare una strategia di internazionalizzazione davvero vincente.


Processo di internazionalizzazione: aspetti da valutare

Quale attività della catena del valore portare anche a livello internazionale?

Come le precedenti, anche questa scelta è condizionata dalle ragioni che portano l’impresa a internazionalizzare.

Se infatti l’azienda cerca di aumentare le proprie vendite sul mercato internazionale, il processo commerciale e le attività a esso collegate (comunicazione & marketing in primis) saranno l’oggetto di internazionalizzazione.

Se invece l’impresa intende perseguire altri obiettivi, come la riduzione dei costi, potrebbe essere che l’oggetto di internazionalizzazione sia l’approvvigionamento delle materie prime e produzione.

Per scegliere cosa internazionalizzare, è necessario considerare anche quali siano le interdipendenze che si creano tra le attività della catena del valore disperse a livello geografico, per valutarne il costo e la convenienza.

Le interdipendenze sono un concetto di natura organizzativa; quindi l’impresa, nella scelta di cosa internazionalizzare, dovrà anche considerare i fabbisogni di coordinamento che si generano e quali siano le opportune modalità di coordinamento, e quindi le soluzioni organizzative più appropriate.

A seguito di dinamiche e restrizioni collegate alla pandemia del 2020, ma anche a fronte del caro energetico, oggi c’è la tendenza a regionalizzare le attività, ovvero a ricostruire su base regionale intere catene del valore, per limitare le interdipendenze; questo perché immaginare catene del valore lunghe, con attività disperse in tanti mercati, rischia di aumentare le esigenze di coordinamento e di diventare un limite qualora sorgessero limitazioni nei flussi di persone e di merci.

Un’altra scelta delicata consiste nel valutare la modalità competitiva, quindi la strategia che l’impresa adotterà nel singolo mercato in cui vuole essere presente

La strategia di internazionalizzazione deve trovare un bilanciamento tra due estremi:

  • la standardizzazione a livello globale dei prodotti offerti;
  • l’adattamento rispetto alle esigenze che il singolo mercato estero presenta.

Ciascuna di queste modalità presenta limiti e vantaggi.

Il vantaggio di una standardizzazione globale è legato alla possibilità di ottenere economie di scala e una maggiore facilità di coordinamento dei processi nei diversi mercati in cui l’impresa opera.

La modalità secondo cui l’impresa adatta il proprio sistema di offerta alle esigenze locali assicura invece maggiore differenziazione, quindi un maggiore adeguamento del proprio sistema alle esigenze locali. Questa modalità, tuttavia, aumenta la complessità che l’impresa dovrà gestire per effetto della varietà delle scelte nei singoli mercati.


Scelte vincenti del processo di internazionalizzazione

Combinando l’esigenza di standardizzazione con quella di adattamento locale che i singoli mercati presentano si trovano le varie strategie di approccio all’internazionalizzazione.

La strategia multi domestica si distingue per un basso grado di standardizzazione globale e per un elevato grado di adattamento locale. L’impresa pensa e realizza strategie diverse nei singoli mercati esteri, perché è il mercato che richiede questo come condizione per entrare e guadagnare un buon posizionamento.

Dal lato completamente opposto troviamo la strategia di globalizzazione. In questo caso, l’impresa mette in atto una strategia uguale in tutti i mercati in cui è presente e la sua posizione competitiva nel singolo mercato dipende anche della posizione competitiva che ottiene in tutti gli altri mercati in cui è presente.

La combinazione delle due strategie porta alla cosiddetta strategia transnazionale, nella quale l’impresa cerca in simultanea sia di adattare il proprio sistema di offerta e le proprie pratiche manageriali a livello locale, sia di standardizzarle a livello globale. Questo è tipico di alcuni settori nei quali c’è esigenza di efficienza ma allo stesso tempo compare la necessità di adattare per esempio le politiche di marketing a livello locale: è la strategia più complessa da attuare, che richiede appropriati e specifici meccanismi di coordinamento.

Un’ulteriore scelta che l’impresa deve adottare nella gestione del processo di internazionalizzazione riguarda le modalità di coordinamento tra l’Head Quarter (sede centrale italiana) e le varie filiali, nelle quali l’impresa opera all’interno dei singoli mercati internazionali.

Tradizionalmente l’Head Quarter adotta una logica di tipo gerarchico, soprattutto nelle fasi iniziali, proprio perché è da lì che partono le risorse e le competenze che vengono trasferite ai mercati esteri. Questa logica gerarchica, che facilita il coordinamento e il controllo, può tuttavia rivelarsi inefficace nel corso del tempo. In particolare, quando le sedi estere acquisiscono una certa importanza, è necessario passare da un approccio gerarchico a un approccio in cui si aumenta l’autonomia che viene concessa alle singole sedi estere.

Se da un lato l’aumento dell’autonomia consentirà di accrescere la capacità di cogliere in modo tempestivo le opportunità dei singoli mercati, è altrettanto vero che questa logica non deve far perdere il controllo da parte della sede centrale italiana, che dovrà lavorare sul controllo dei risultati ma anche su una dimensione soft, quella della cultura organizzativa.

Ciò significa fare in modo che le persone che operano nelle singole sedi estere abbiano premesse decisionali allineate con le norme e i valori della cultura organizzativa e definiti a livello di gruppo; questo diventa basilare non solo nel momento in cui si dà maggiore autonomia alle sedi estere, ma anche quando il gruppo internazionale si forma per effetto di acquisizioni di imprese straniere o quando i singoli manager nelle varie sedi sono di origine locale.


Processo di internazionalizzazione e importanza del monitoraggio continuo

Le scelte del processo di internazionalizzazione descritte non sono da intraprendere una tantum, ma sono decisioni che devono essere oggetto di continua valutazione e monitoraggio da parte dell’impresa per effetto della variabilità dei contesti internazionali in cui l’impresa opera.

Nella valutazione di mercati a cui puntare, l’impresa dovrà considerare anche l’effetto delle culture nazionali che influenzano approcci di lavoro, contratti e modalità relazionali.

Esistono vari modelli sulla base dei quali valutare le differenze tra culture nazionali e anche il potenziale rischio di frizione tra culture, uno tra i più noti è quello elaborato da Gerard Hendrik Hofstede.

Si tratta di modelli che necessariamente offrono delle semplificazioni, ma allo stesso tempo rappresentano uno strumento attraverso cui acquisire consapevolezza per prendere le decisioni più in linea con il proprio piano strategico.

Nel ruolo di Temporary General Manager, mi sono confrontata con realtà molto internazionalizzate, gestendo filiali commerciali estere e joint venture con partner orientali, russi e sud-americani. Queste esperienze arricchenti, mi hanno insegnato che non esiste una regola fissa per internazionalizzare: il percorso ideale dipende dal prodotto, dagli obiettivi aziendali a medio-lungo oltre che, naturalmente, dal budget iniziale. Ciò che è indispensabile è preparazione e cognizione di causa: non si può pensare di andare all’estero a caso senza poi generare danni o semplicemente sprechi.

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